Questo, più che un post, è una confessione: di una dipendenza. Che si protrae ormai da non so più quanti anni.
Dal giorno in cui, in un lontano millenovecentonovantaequalcosa, scovai sullo scaffale di una libreria uno dei romanzi di Elizabeth George. Da allora i suoi mistery (o gialli, come insisto nel chiamarli ignorantemente io) mi tengono compagnia come vecchi amici di famiglia. D’estate preferibilmente, quando, trascinata dalla mano invisibile del destino, mi trovo inevitabilmente al cospetto del “nuovo arrivato“, del romanzo mancante alla mia personale lista, alla quale naturalmente non avevo più pensato per lunghi mesi. Fino a quando giunge il momento e il libro trova me.
Dopo aver terminato l’ultimo (disponibile rigorosamente in edizione economica che, sennò, ti viene la tendinite al polso al solo tenerlo in mano ;-)) “Questo corpo mortale“, ed essermi sentita irrimediabilmente orfana e sperduta, come capita ogni volta, mi son messa a contarli tutti: diciassette, se non mi è sfuggito qualcosa.
Se piace il genere (ambientazione rigorosamente londinese, indagini della MET, anche se la scrittrice, a dispetto del nome, è americanissima) non posso che consigliarli da qui all’eternità, fermo restando che non è affatto garantito che facciano a tutti l’effetto che fanno a me. De gustibus.
Al di là delle storie investigative, già di per sé pregevolissime, il punto di forza sono i personaggi “storici” che le popolano, caratterizzati da un profondo spessore psicologico, non così usuale nel genere di letture. Uno su tutti il vero protagonista, l’ispettore Lynley che, da solo, basta l’impegno delle quasi 700 pagine. Dovrei anche confessare di avere una sorta di cotta post-adolescenziale per lui, ma, essendo ormai vicina ai quaranta, non è proprio un punto di merito 😉
“Lui era diverso da tutti gli altri perché non aveva bisogno di lavorare, quindi se gli toglievano il lavoro, o minacciavano di toglierglielo, o si comportavano in modo da incorrere nella sua aristocratica disapprovazione, lui poteva andarsene tranquillamente a fare quello che i baronetti di quel maledetto regno facevano quando non avevano un impiego. E questo era più che irritante: faceva di lui un cane sciolto, che non doveva essere fedele a nessuno”.
Questo post partecipa all’iniziativa: “Il Venerdì del libro” di Homemademamma.