Da bambina mangiavo molto poco, avevo scarso appetito, ero magrolina e sicuramente il cibo non rappresentava la priorità della mia vita. Capotava che in famiglia pranzi o cene diventassero di tanto in tanto autentici psicodrammi, per un pasto non gradito, rifiutato o non terminato.
Poi fu la volta della mitica zia G. che, intorno ai sette anni e in occasione di una settimana al mare, riuscì nell’impresa mai vista di farmi prendere un paio di chili, nutrendomi di focaccia, pasta al pomodoro, olive toscane e gelato.
Di lì a qualche anno mi sorse il dubbio che il problema di fondo non fosse la mia inappetenza congenita, quando il poco gradimento per i cibi che mi venivano abitualmente proposti.
Fu così che iniziai a cucinare, a mangiare ciò che preparavo e a farlo mangiare pure ai familiari.
La prima volta che assaggiai cibo etnico, in uno dei pochissimi ristoranti disponibili nella provincia lombarda, passai la notte a vomitare la cena. Non me lo spiegai, visto che il pasto era stato di ottima qualità e in ottima compagnia e mi era anche abbastanza piaciuto. Ritentai altre volte, e la cucina messicana divenne poi una delle mie preferite in assoluto. Notai più volte, in diverse occasioni, che la prima volta che assaggiavo sapori molto differenti da quelli a cui ero abituata, il corpo aveva quasi sempre una reazione di rifiuto, salvo poi adattarsi anche con grande soddisfazione le volte successive.
Ora, diversi decenni dopo, adoro cucinare, che è sicuramente una delle mie attività preferite, così come mangiare.
Ho una curiosità viscerale per le tradizioni culinarie del mondo, salvo che non contengano ingredienti di base che non gradisco.
Salirei su un aereo per andare dall’altra parte della terra solo per assaggiare qualcosa di buono e di nuovo, e col tempo ho capito che scoprire il cibo è uno dei miei modi di scoprire il mondo e farlo diventare un po’ parte di me.
Perché ho scritto questo post? Non so. Ero sotto la doccia e mi è sembrata una buona idea, in una realtà in cui ormai il cibo è considerato più che altro un problema (troppo, troppo poco, di cattiva qualità, dannoso per la salute, e così via).
Il cibo è vita e prima di tutto gioia, condivisione, amicizia, scoperta. Proviamo a fare in modo che resti tale e non diventi solo “un problema”.