Il venerdì del libro – “L’Arminuta”

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Manco da un’eternità dal “Venerdì del libro”, in questi mesi ho letto poco e non sempre quel poco è stato sufficientemente stimolante da farmi vincere la pigrizia di scriverci sopra un post 😉

In queste ultime settimane ho letto qualche libro che mi è piaciuto particolarmente e che recensisco molto volentieri. Siamo tra l’altro in zona vacanze estive, e quindi qualche consiglio di lettura può far comodo a molti.

Inizio con un libro che ho acquistato dietro consiglio di un’amica e che ho letteralmente divorato in un paio di giorni: “l’Arminuta” di Donatella di Pierantonio, scrittrice (e dentista pediatrica) abruzzese, che ho scoperto aver scritto diversi romanzi ambientati nella propria terra di origine, dei quali “l’Arminuta” è sicuramente il più noto anche per aver vinto il premio Campiello 2017.

E’ una storia tipicamente “al femminile”, genere che io amo particolarmente, scritta con un linguaggio essenziale, a tratti quasi brutale, e di una incisività rara, che basta a se stesso nel trasmettere ogni minima sfumatura dei sentimenti e delle vicende dei protagonisti. E’ la storia di una figlia e di due madri, eppure di due maternità mancate, sulle quali è meglio non rivelare molto di un mistero che sarà improvvisamente svelato nelle ultime pagine.

Sicuramente da leggere. Io ho già ordinato il prossimo delle stessa autrice.

«Ero l’Arminuta, la ritornata. Parlavo un’altra lingua e non sapevo più a chi appartenere. La parola mamma si era annidata nella mia gola come un rospo. Oggi davvero ignoro che luogo sia una madre. Mi manca come può mancare la salute, un riparo, una certezza»

 

 

 

 

 

(Questo post partecipa a “Il venerdì del libro” di Homemademamma)

LOVE IN ZüRICH

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(Foto Carlotta G.)

Stamattina avevo un appuntamento sul presto e sono uscita un po’ tardi. Ho rischiato di prendere il bus nella direzione sbagliata, per uno di quei misteriosi casi per i quali ogni tanto il cervello va in improvviso stallo, senza ragioni apparenti.

Il mostruoso rigore sulla puntualità degli autisti del servizio pubblico zurighese ha fatto in modo che il mezzo partisse, esattamente davanti al mio naso, lasciandomi quei cinque secondi di tempo per realizzare che, se fossi riuscita a salire, mi sarei trovata – probabilmente ormai troppo tardi per arrivare puntuale – dalla parte opposta rispetto alla mia destinazione.

Per quell’altrettanto misterioso meccanismo per cui in questa città rischi di arrivare comunque in orario, anche quando sei leggermente in ritardo, sono arrivata all’appuntamento in perfetto orario. Terminato l’appuntamento avevo altre cose da sbrigare e, strada facendo, mi sono resa conto di aver bisogno di una toilette. Esattamente di fronte a me c’era un meraviglioso parco pubblico, praticamente deserto, con caffè aperto alle nove e mezza scarse del mattino, e WC (gratuito) a mia disposizione. Basta chiedere.

Era una mattina talmente meravigliosa che non ho resistito: mi sono seduta su una panchina, al sole ancora tiepido, col venticello fresco, “solo cinque minuti“. Non so quanto tempo io sia rimasta lì, in realtà. Credo almeno mezz’ora, ad osservare il prato, il parco giochi ancora deserto, gli sporadici clienti che si bevevano un caffè sotto l’ombrellone leggendo il giornale, qualche nonno con nipotini al seguito, qualche neo-mamma con carrozzina in cerca di qualche minuto di relax.

Non è la prima volta, e spero non sarà l’ultima, ma io mi commuovo, come se mi avessero detto che la pace nel mondo è davvero possibile, che non ci saranno più né malattie, né lotte, né brutture, solo bellezza, pace e armonia.

Perché in quei momenti puoi davvero credere che tutto ciò sia possibile, e pensare che questo sia il posto più bello del mondo.

 

 

 

FUORI!

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(Qualcosa di nuovo in Paradeplatz …- Foto Carlotta G.)

Gli inverni non sono mai facili, per me almeno. E non è che lo fossero di più all’epoca in cui vivevo nel fantastico clima della pianura padana. L’ultimo non ha fatto eccezione, per un mix di congiunture familiari e di salute che hanno un po’ affossato l’umore, già normalmente provato dal grigiore zurighese.

Con tali premesse è spesso facile cedere una fortissima tentazione: starsene il più possibile rintanati in casa, al calduccio, nell’apparente comfort delle proprie cose, finendo per lo più ingabbiati nel circolo vizioso: casa – lavori domestici – figli & famiglia – stanchezza – umore pessimo – che finisce alla lunga per esacerbare qualsiasi disagio.

Con l’arrivo della bella stagione – almeno in teoria – è molto più facile resistere alla tentazione dell’auto-seppellimento domestico e stare il più possibile all’aria aperta. All’inizio della primavera, con le prime belle giornate, è come se mi si scatenasse una tempesta di sostanze stupefacenti nel cervello, con qualcosa che inizia ad ordinare: “Fuori, fuori, fuori!!!

Ovviamente non sempre si può fare, impegni ed incombenze presentano il conto, ma col tempo ho sicuramente imparato che per la mia sanità mentale (comunque sempre relativa eh, ;-)) è indispensabile di tanto in tanto chiudermi alle spalle la porta di casa, fare quattro passi e magari salire su un tram a caso, senza meta, solo far fare un giro e imbattermi forse in qualcosa di nuovo.

Questo è anche un consiglio spassionato che mi sentirei di dare a chiunque, anche magari a chi si è appena trasferito in una città nuova, dove non conosce ancora niente e nessuno e si sente un po’ perso. Per me, all’epoca del trasloco, era stato fondamentale andarmene in giro per la città, anche da sola, senza nessuno scopo particolare, solo per osservare i luoghi, la gente, vedere ciò che mi attirava e ciò che no.

Qualche giorno una persona che conosco mi ha parlato, per puro caso, proprio di questi temi, e mi ha detto:

Quando mi sono trasferita qui ero completamente impreparata. Per questioni familiari e di lavoro abbiamo dovuto decidere il trasferimento in due settimane. Mio marito lavorava e io ho dovuto gestire da sola il trasloco internazionale con due bambini ancora abbastanza piccoli. Praticamente non sapevo neppure dove fosse Zurigo, non sapevo una parola della lingua e non mi erano mai piaciute le montagne: non è che fossi proprio al settimo cielo per la novità. Poi, dopo essermi sistemata con le cose indispensabili, la mattina, dopo aver lasciato i bambini a scuola, ho iniziato ad andarmene in giro a visitare la città. Anche se era inverno e faceva un freddo cane, ho girato ovunque, da sola, coi mezzi pubblici. Ho scoperto un posto meraviglioso e mi sono anche innamorata delle montagne.”

Ecco, se esiste in qualche modo un “segreto” per facilitare l’ambientamento in un posto nuovo, e continuare in ogni caso a mantenere il contatto con la realtà, con la vita che c’è fuori, che continua a scorrere, nonostante tutto e nonostante “noi stessi” è proprio questo: mollare gli ormeggi, lasciare che la curiosità comandi la scialuppa, e andare! Il mondo riserva sempre sorprese meravigliose 🙂