Due settimane di scuola effettiva, ma solo a causa del ritardo con cui l’inizio della quarantena è stato ufficialmente comunicato. Una telefonata del medico scolastico, di sabato pomeriggio, preceduta da una comunicazione della scuola, in cui si dice e non dice per ragioni di privacy della persona interessata, ma in sintesi: una maestra si è ammalata e quella maestra è evidentemente la nostra, già assente da metà settimana.
Classe intera in quarantena, per dieci giorni dall’ultimo contatto avuto con la persona positiva.
Settimana di lezioni sostituita da un supposto insegnamento a distanza, leggi malloppo di compiti a casa (per circa tre ore giornaliere nelle materie principali), con il supporto via telefono o Skype di una supplente raggiungibile negli orari scolastici in caso di necessità. Inutile dire che nel nostro caso la comodità di Mami e Papi ha surclassato qualsiasi disponibilità professionale della sconosciuta sostituta.
Agli arresti domiciliari sono solo i contatti stretti dell’ammalata, quindi i genitori sarebbero esclusi dall’obbligo di permanenza forzata tra le mura domestiche (che prevede come unica possibilità di evasione il recarsi dal medico, rigorosamente mascherati, in caso di necessità di salute), salvo il fatto che, con tutta evidenza, appare difficile pensare di lasciare solo un bambino a casa per una decina di giorni 😁
Queste vicende si raccontano solo ad epilogo raggiunto, si dice, tutto è bene quel che finisce bene. Quarantena terminata, bambini rientrati regolarmente a scuola e dunque apparentemente sani e salvi (dico apparentemente perché da queste parti il tema dei positivi asintomatici non è un tema, e dunque non è previsto alcun test se non in presenza di sintomi clinici riconducibili alla malattia e, dunque, se ci fossero stati asintomatici non lo sapremo mai), così come è di nuovo al suo posto la maestra stessa, dopo un’assenza di due settimane. Elemento positivo nel contesto negativo: abbiamo la maestra immune 💪🏻
Ho abbastanza alleggerito, volutamente, in queste poche righe, non sono entrata nel merito della narrazione universale del Corona perché, davvero, comincio a non poterne più. Credo sinceramente che sia una delle peggiori iatture che potesse capitare all’umanità (guerre a parte), sia per gli effetti diretti che per quelli (ahimè alla lunga forse ancora più temibili) indiretti.
Tengo solo a recapitare un messaggio nella bottiglia del naufrago, affidata alla pietà delle onde: non esiste nessuna soluzione, nessuna scorciatoia, nessun miracoloso intervento che consenta di far rientrare a scuola “in sicurezza” le creature, come tutti umanamente vorremmo. Non esiste nessun rischio zero, da nessuna parte. Non esiste alcuna formula miracolosa che consenta di far ripartire il sistema (scuole, lavoro, affari, viaggi) con nessun impatto su tutti gli interessati. Pensarlo è pura utopia: no, follia. È assurdo pensare che il mondo – tutto – possa far finta di ripartire come se nulla fosse, senza disagi, senza problemi, senza ansie, dubbi e incertezze. Con cui è in qualche modo cruciale scendere a patti, per cui, come qualcuno dice, serve “solo coraggio”)
Qui in Svizzera ci hanno provato, facendo finta da mesi che il problema non esistesse più: ovvio che non abbia funzionato, i numeri da zone rosse non richiedono ulteriori commenti. Le scuole hanno riaperto (in modo sacrosanto, come dovrebbe essere ovunque) facendo quasi finta di nulla: dopo qualche settimana iniziano a vedersi i primi “dietro front”, eventi programmati e annullati, inserimento di obblighi di mascherine, isolamenti e quarantene (non scuole richiuse, attenzione, ma classi o parti di classi in quarantena certamente sì). Si chiuderà e si riaprirà, al bisogno, cercando di contenere i danni e gli effetti collaterali al minimo possibile, ma ciò non significa che “andrà tutto bene” e che potremo vivere nel magico mondo di Oz.
Nessuno si illuda, non si passa indenni da questo tsunami, l’unico elemento decisivo per la sopravvivenza sarà, come al solito, il classico “fattore c…”
E buon anno scolastico a tutti, comunque vada!
P.s. Consiglio cinematografico – non ironico – per supportare il momento: “L’ora più buia” con Gary Oldman che, oltre ad essere un gran film, può aiutare a rimettere alcune cose nell’adeguata prospettiva