LO SHAMPOO

Settimana faticosa. Mi ritrovo chiusa per lunghi minuti in uno sgabuzzino insonorizzato, un metro per due, soffocante dal caldo e senza un adeguato ricambio d’aria, mentre mio figlio fa un esame strumentale nel corso di una visita medica. Credo di non ricordare recenti momenti di cotanto disagio. Voglio uscire, voglio uscire, voglio uscire, pur non avendo mai avuto problemi di claustrofobia. Ho fastidio ovunque, gli stivali invernali scaldano troppo i piedi, la calzamaglia indossata per sopportare il gelo esterno è un di più imbarazzante lungo le gambe. Voglio uscire. Il fastidio si concentra nella testa, sul cuoio capelluto e sui capelli, sento un bisogno disperato di una doccia, di lavarmi i capelli. Voglio andare a casa a farmi uno shampoo.

” Una brutta giornata
chiuso in casa a pensare
una vita sprecata
non c’è niente da fare
non c’è via di scampo
mah, quasi quasi mi faccio uno shampoo. Uno shampoo? Una strana giornata
non si muove una foglia
ho la testa ovattata
non ho neanche una voglia
non c’è via di scampo
devo farmi per forza uno shampoo. Uno shampoo? Scende l’acqua, scroscia l\’acqua
calda, fredda, calda…
Giusta!
Shampoo rosso e giallo, quale marca mi va meglio?
Questa!
Schiuma soffice, morbida, bianca, lieve lieve
sembra panna, sembra neve. La schiuma è una cosa buona, come la mamma, che ti accarezza la testa quando sei triste e stanco: una mamma enorme, una mamma in bianco. Sciacquo, sciacquo, sciacquo. Seconda passata. Son convinto che sia meglio quello giallo senza canfora.
I migliori son più cari perché sono antiforfora.
Schiuma soffice, morbida, bianca, lieve lieve
sembra panna, sembra neve. La schiuma è una cosa pura, come il latte: purifica di dentro. La schiuma è una cosa sacra che pulisce la persona meschina, abbattuta, oppressa. È una cosa sacra. Come la Santa Messa. Sciacquo, sciacquo, sciacquo.
Fffffff… Fon. “

(Giorgio Gaber) https://www.youtube.com/watch?v=1RRt_3iU5Os

Ho avuto la fortuna di assistere una volta a teatro (in un’altra vita, quando a teatro ci andavo tutti i mesi ed era l’appuntamento più atteso di tutti, quando ancora alle nove di sera non crollavo dal sonno e potevo anche scegliere spettacoli nella mia lingua) a questo monologo di Giorgio Gaber. Non lo conoscevo, se non di fama, e non avevo particolari attese o aspettative. Ricordo, a fine serata, di aver pensato di avere sentito una delle cose più geniali dell’universo. Lo penso ancora.

DELLA BELLEZZA

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Mi trovavo in centro a Zurigo alcuni giorni fa, in una mattina dedicata a incombenze pratiche e poca voglia di altro. Era miracolosamente uscito un po’ di sole, raro spiraglio dopo lunghi giorni di grigio e buio, anche se freddo, parecchio freddo. Mi sono ripromessa, ogni qualvolta compare un po’ di bel tempo, di dedicare almeno una mezzora ad una passeggiata a piedi, la vitamina D ringrazia. Ho quindi abbandonato il mio tram e ho iniziato a camminare a passo svelto, per cercare di scaldarmi un po’.

Sono arrivata ad attraversare il ponte e lì ho dovuto necessariamente fermarmi. Sono cinque anni e mezzo che vedo lo stesso scenario, spesso, in ogni stagione e in ogni condizione meteo. Ma quando è così non posso fare a meno di prendere due minuti di pausa, estrarre il telefono dalla borsa e fare una foto. Ed è, per me, come la meraviglia della prima volta, lo sguardo rapito da tanta bellezza che mi pare quasi incredibile possa continuare a manifestarsi e a colpirmi come il primo momento.

Lo chiamerebbero amore, e sicuramente lo è. Ed è un amore che riempie, nutre e rigenera, illumina e scalda, all’infinito. Bastando a se stesso.

Ho iniziato a scrivere questo post non sapendo esattamente dove sarei andata a parare, avevo in testa la foto, il resto verrà da sé. Avevo in testa un contrasto ideale tra questa meraviglia manifestata e le continue brutture umane a cui ormai non è più possibile sottrarre lo sguardo e l’udito. E che sono talmente enormi che diventa sempre più difficile evitare di scriverne, anche quando l’intento di questo spazio, da sempre, vuole essere altro.

Per questa volta, ancora, ce l’ho fatta. La Bellezza vince e, alla lunga, credo spero vincerà sempre.

PER DIECI ANNI ALMENO

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(Immagine pixabay.com)

 

Interno serale, il giorno prima della ripresa della scuola, alla fine delle vacanze di Natale.

Ma quindi… domani cosa devi fare esattamente?

Quello che faccio di solito il lunedì. Accompagnare la Creatura al seminario, tornare a prenderla a mezzogiorno. Quando rientra dal pomeriggio a scuola portarla alla lezione di pianoforte e poi di nuovo a casa…”

Beh, ma la mattina non può andare da solo?”

Ma…io devo prendere l’autobus…e poi il tram…”

“Eh be’, qual è il problema?! Non sei capace ormai di prendere l’autobus da solo?”

“Come da solo??!! Voi mi dovete accompagnare sempre…per altri dieci anni almeno!”

8+10= 18.

Risate. Chiusura di sipario.