Campanule e aria profumata

Ho comprato le campanule, quest’anno parecchio in ritardo. Sono alcuni dei pochi fiori che riescono a sopravvivere alla stagione nonostante il mio pollice nero. E trovo bellissima la macchia di colore che riescono a fare, pur essendo abbastanza piccolini.

L’aria di queste mattine è incredibilmente tersa e profumata, profuma di pulito, di boschi vicini, di primavera che ha vinto sul resto, di speranze di un’estate migliore. Ma siamo a maggio, e maggio si sa, porta con sé grandi speranze.

L’aria del mattino è fresca e richiede almeno una giacca, ma rinvigorisce e rinnova, purifica i polmoni, regala incredibili energie per il nuovo giorno, quasi illudendoci che tutto possa essere possibile.

È, in assoluto, una delle illusioni che preferisco.

La lunga strada

A piedi, circumnavigando il laghetto, col bosco, i campi di grano e i fiori selvatici. Una strana strada per arrivare al punto di partenza, come quelle volte in cui pare che Google Maps si perda nei meandri dei satelliti. Un incidente schivato in autostrada, quando di autostrada non ci sarebbe stato affatto bisogno. Il marito che ingoia un insetto, camminando per i campi.

(Foto Carlotta G.)

Il pranzo all’aperto, nell’unico punto di ristoro disponibile, coi tavoli distanziati di due metri, molti clienti nella bella giornata di primavera dove qui è festa, ordinati e seduti, ma di una intima rilassatezza verso la congiuntura che a me continua a risultare incomprensibile. Un mal di testa, lancinante quanto improvviso, il pranzo che, in tutta onestà, per essere il battesimo dell’aria dopo tre mesi di reclusione, poteva pure essere un po’ meglio.

La mente, col suo ripieno di pensieri e voci, che nonostante il cinguettio degli uccellini, la meraviglia dei falchi e delle rondini, fa fatica a staccarsi dalla sua ruota.

La strada, ancora lunga, verso il mondo che conoscevamo e le sue “normalità”.

“Il lato nord del cuore” – Venerdì del libro

Mi sono stavolta servite un po’ di pagine, 282 per la precisione, per “entrare nel vivo” dell’ultimo romanzo di Dolores Redondo, poi divorato in un lampo per le rimanenti millequattrocento circa.

Il personaggio chiave della poliziotta basca Amaia Salazar, questa volta in prestito all’FBI per un indagine mozzafiato sulle tracce di un serial killer nell’inferno di News Orleans nei giorni dell’uragano Katrina, è ormai diventata una compagna di letture e di viaggi negli abissi della psiche umana, di cui è un’ottima conoscitrice per inimmaginabili vicende personali e familiari.

Due avvertenze:

1. c’è una trilogia che precede quest’ultimo romanzo (rispetto alla quale sarebbe una sorta di prequel) e che andrebbe ragionevolmente letta prima per avere qualche collegamento logico in più (io in realtà ho letto solo il terzo capitolo “Offerta alla tormenta”)

2. I temi trattati sono a tratti molto “dark”, non necessariamente indicati per tutti i palati (sette pseudo sataniche, riti vudù). Intrighi e misteri al limite del paranormale mi hanno fatto dubitare per un paio di sere di riuscire a prendere sonno, dopo aver chiuso il libro. In realtà deve esserci stato qualche strano effetto catartico, perché ho poi avuto notti tranquillissime con sonni beati 🙄 , nonostante in questi mesi di “lati nord del cuore” abbiamo avuto tutti modo di sperimentarne diversi.

Per chi ama le emozioni un po’ forti, super- consigliatissimo, anche per l’immensa profondità psicologica dei personaggi chiave, e per l’accuratezza dei dettagli (non ultimi quelli sulla devastazione dell’uragano di una città che mi sarebbe da sempre piaciuto visitare). Ora attendo con trepidazione il prossimo capitolo.

Io non sono qui per caso, vero?

Perché, lei crede nelle casualità?

Questo post partecipa al “Venerdì del libro” di Homemademamma.

Nelle ossa

(Immagine pixabay.com)

Queste ultime settimane credo l’abbiano reso chiaro. Lo sento di notte, per lo più, quando le ore trascorse non portano l’atteso riposo e al risveglio la sensazione è più quella di essere reduce da una misteriosa battaglia, non si capisce bene quando iniziata, ma certamente non ancora finita.

Potrei dire di avere vissuto in tempi recenti avvenimenti che hanno toccato me, la mia famiglia, alcuni amici più stretti. Eventi, cosa lo dico a fare, non propriamente degni di festeggiamenti. La venuta nel virus, in questo passato surreale inverno, è come se avesse in qualche modo amplificato sensazioni viscerali che già lì si trovavano da tempo, scoperchiando vasi di Pandora e portandole senza pietà alle luci della ribalta.

Le sento di notte, scolpite nelle ossa, Depositate nella profondità delle viscere, nel respiro abissale dei polmoni, nella sostanza dei muscoli, nelle orbite degli occhi, nella sensibilità della pelle. Le sento e preferirei evitare, preferirei scegliere di non sentire, negando la loro ingombrante presenza.

Preferirei, ma so di non avere alcuna scelta reale. E che l’unica possibilità è dare loro quel minimo di spazio vitale, così che possano sopravvivere, lasciando in vita anche me.

Prove di riapertura

Il ristorante sotto casa ha iniziato le grandi pulizie di primavera in vista della riapertura di lunedì. Le ragazze passano tra i tavoli all’aperto, metro alla mano, per misurare la distanza prescritta tra uno e l’altro. Sistemano massimo quattro sedie. Puliscono i tavolini e le panche che, in questi due stranissimi e lunghissimi mesi, sono rimasti abbandonati a loro stessi e utilizzati dagli abitanti del quartiere per estemporanee soste, improvvisati apertivi auto-prodotti del venerdì sera e pause pranzo in solitaria col cibo take-away.

Non è ancora chiara la sorte della palestra di arrampicata, collegata al ristorante, dato che le prescrizioni di sicurezza richieste sono effettivamente problematiche da realizzare, nonostante tutto l’impegno e il pragmatismo svizzero.

I bambini delle scuole dell’obbligo potranno ritornare tra i banchi, rivedere le maestre e una parte dei loro compagni. Per lo meno qui a Zurigo è così, la competenza di decidere a che condizioni far riprendere l’attività didattica è di competenza del Cantone e qui si è definito di ricominciare, fino all’inizio di giugno, ad orario ridotto e a classi dimezzate.

Le maestre hanno appeso alle finestre già da una settimana cartelloni di benvenuto. A me sono scese le lacrime.

Complici anche alcune giornate di sole e temperature praticamente estive si respira una certa eccitazione nell’aria. Tutti molto curiosi di ciò che succederà, insieme agli ovvi timori che il tutto possa tra qualche settimana rivelarsi una falsa partenza, con i contraccolpi pratici e psicologici del caso.

Iniziamo a goderci la meraviglia di questo fine settimana di finta estate: lunedì è prevista neve in montagna e si rischiano assembramenti sulle piste da sci 😜 (visto che piscine e accesso al lago restano ancora chiusi)