L’ETA’ CHE AVANZA

(Immagine tratta dal sito http://www.guess.eu)

Ero indecisa sullo scrivere qualcosa delle due notizie pazzerelle della settimana: quella della influencer vegana-crudista che è stata beccata in mondovisione su una spiaggia tropicale mentre si mangia un trancio di pesce, o quella della you tuber-insegnante di yoga americana che si è lesionata l’aorta praticando, evidentemente con poca accortezza, una posizione un po’ estrema mentre registrava un video per i suoi followers.

Mi era venuto qualche pensiero non tanto sull’essere vegani o praticanti (o insegnanti) di yoga,quanto sulle questioni relative alla percezione di sé e del proprio limite, all’influenza pervasiva dell’Ego, che spesso manco sappiamo di avere, dello scambio dei mezzi per il fine, così come delle proprie paure, aspirazioni e ossessioni per la verità assoluta.

Poi ho deciso che sarei stata su qualcosa di decisamente più light, come la primavera che, prima o poi, provvidenza permettendo, avrà libero accesso a questa latitudine martoriata, lasciandoci respirare a pieni polmoni aria non gelida e rischiarando le nostre menti con la luce del sole. E visto che da qualche giorno almeno il sole fa capolino (sull’aria gelida dobbiamo ancora lavorarci), immersa nella voglia di bella stagione e complici alcuni sconti di mezza stagione, ho dedicato una mezz’ora ad un po’ di shopping. Non so bene cosa cercassi, normalmente qualcosa di innovativo, bello, colorato, economico, facile da indossare anche con meteo inclemente, adatto a tutte le occasioni e all’età che avanza.

Viste per premesse realistiche, siamo caduti proprio sull’ultimo requisito. Raccattato il cappottino primaverile (privo dei requisiti uno, due, tre e quattro), ma decisamente economico – anche grazie allo sconto 30% – e tutto sommato quasi passepartout, sono miseramente caduta sulla parte di outfit più prettamente estiva, una simpatica T-Shirt di marca trendy e modaiola, molto ambita quando ero ancora una giovane ragazza, anch’essa in promozione con un accattivante sconto 30%. Pesco dal mucchio, do un’occhiata alle taglie, apro la maglietta e mi accorgo che potrebbe giusto andarmi bene – per non sembrare una salsiccia teutonica strizzata nel budello – una incoraggiante XL. Vedo un bellissimo abitino, stesso marchio, non proprio economico, ma che con la promozione si potrebbe pure fare, prendo, guardo e riguardo. Dopo minuti di tentennamenti mi decido ad andarlo a provare: taglia L.

Andrebbe benissimo,non fosse per quell’accenno di pancia che, senza essere ormai prossima ai 45, qualcuno potrebbe scambiare per una fase iniziale di gravidanza, o ahimé di qualcosa di assai meno romantico, collegato al cedimento di tessuti corporei e al tempo che passa.

Rinuncio con un certo senso di disagio, per non dire di disgusto. Lascio l’abitino dov’è, e ritorno a concentrarmi sulla T-shirt taglia XL. Per una che ha trascorso 40 anni di vita tra la 40 e la 42, tra la S e la M, è già abbastanza da digerire per tutta la prossima stagione primavera-estate. Ottima possibilità, però, di grande risparmio. Anche meglio del 30% di sconto.

“IL SILENZIO è COSA VIVA” – Venerdì del libro

Chandra Livia Candiani è prima di tutto una poetessa, fatto che traspare in modo evidente e indubitabile sin dalle prime righe di questo piccolo libro (piccolo solo per dimensione fisica, visto che il relativo contenuto ha qualcosa di immenso in sé). E’ indubbiamente un testo sulla meditazione, ma forse considerarlo “solo” questo potrebbe rischiare di essere (per il lettore) riduttivo.

Me lo sono letto appositamente con studiata calma, io che nella lettura tendo spesso ad essere parecchio veloce e a volte anche frettolosa, diluendolo nel corso delle settimane, poche pagine per volta, magari la sera prima di andare a dormire. E ogni tanto lo riapro a caso, solo per leggere qualche riga che, sicuramente, porterà consiglio.

Il silenzio è cosa viva” (sottotitolo: l’arte della meditazione) credo sia prima di tutto un libro sulla vita (e sulla morte: che sono poi la stessa cosa, due facce della stessa medaglia, ma cose che nel nostro mondo di oggi non si possono dire a voce alta senza provocare “scandalo”). E’ un libro sul silenzio, quindi sul suono e sullo spazio, quell’infinito imprescindibile dentro e fuori di noi, spesso così disatteso e bistrattato. E’ un libro sull’accoglienza di ciò che accade, sul quotidiano, sul nostro io. Insomma su tutti i temi che i saggi trattano. Naturalmente, dipende come lo fanno.

Questo è un modo sublime.

Gradualmente, col tempo, man mano che ci apriamo ad essere dove è il corpo e a sentire come stiamo in quel momento, il qui si dilata, diventa immenso, un luogo in cui la presenza dello spazio vuoto si estende fino a farci assaporare la spaziosità fondamentale in cui abitiamo, non solo la spaziosità della coscienza ma quella dell’universo stesso. E l’adesso non è più il contingente, il senso del presente si amplia nel sapore della pura, nuda presenza. Niente di straordinario, si avverte solo e gradualmente ciò che già esiste. Una volta, in un giardino con un gruppo di bambini, dissi: “Che bell’aria che c’è oggi!” e uno di loro, fissandomi scandalizzato: “Perché chiami aria il cielo?” Solo allora, guardandomi i piedi intimidita, mi accorsi che il cielo arriva fino a terra.”

Questo post partecipa al “Venerdì del libro” di Homemademamma.

“UN’IDEA DI DESTINO” – venerdì del libro


Due pensieri hanno caratterizzato la lettura di questo libro. Il primo, corrispondente più o meno alla prima metà del testo, ha esordito con un mio personalissimo interrogativo, ovvero se fosse davvero il caso di pubblicare – postumi, a distanza di diversi anni dalla morte – i testi dei diari personali di Tiziano Terzani, che abbracciano una durata di circa trent’anni, dal momento in cui venne espulso dalla cina comunista, fino a poco prima della sua morte, avvenuta nell’estate 2004. Il secondo, emerso al termine delle circa 400 pagine di lettura, è che se non avessi letto questo libro sarei sicuramente un po’ più povera.

Spiego il primo pensiero, perché potrebbe essere malinteso, nel senso di non considerare degni di valore i diari di quegli ormai lontani anni. Non è così, naturalmente, ma mi sono domandata se mostrare al mondo la più assoluta intimità della persona, senza filtri, senza revisioni editoriali che rendano certi pensieri più “pubblici o pubblicabili” avesse davvero un senso e non potesse essere considerato un atto poco rispettoso nei confronti di qualcuno che non ha più possibilità di esprimere il proprio punto di vista.

Ed è proprio la seconda parte del libro che meglio risponde a questo interrogativo: mostra il Terzani uomo, con tutte le caratteristiche di umane, inclusi fragilità e difetti, che paradossalmente sembrano in qualche modo passare in secondo piano negli ultimi anni di vita, dopo la scoperta della malattia che gradualmente pare diventare il suo vero percorso di vita, aprendogli la strada verso una consapevolezza prima sconosciuta o solamente intravista.

Per chi già conoscesse l’autore è possibile apprezzare numerosi “dietro le quinte”, incontri, esperienze e spunti utilizzati per la stesura di alcuni tra i suoi libri più noti e di successo. Per me è stata una grande sorpresa conoscere la realtà del processo creativo che ha portato alla pubblicazione di quello che considero un assoluto capolavoro “Un altro giro di giostra”, e che nell’esperienza di Terzani pare essere stato un parto complesso e sofferto, con continui blocchi e ostacoli che lo porteranno a terminare il libro a ridosso degli ultimi momenti di vita.

Ciò che comunque emerge è la grandissima forza interiore di quest’uomo, che al termine di una vita straordinaria (letteralmente “fuori dall’ordinario”) e sicuramente caratterizzata da una forte inquietudine esistenziale, che lo ha infatti portato a una continua ricerca del senso dell’esistenza, arriva a far pace con ciò che è, con la sua storia e le sue radici, andando fiero della propria individualità e unicità che rimarrà orgogliosamente tale anche quando le esperienze di vita sembrano averlo portato lontano anni luce dal luogo di partenza.

Il mio essere qui, ora, a cercare di scrivere, fa continuare la storia e le dà l’ultimo capitolo, il più vero: non ci sono scorciatoie, tanto meno quella di un guru che ti apre la via. Questo è un aspetto che varrà la pena di sottolineare, anche per mettere in guardia futuri giovani viaggiatori dal restare intrappolati da questa idea che “c’è bisogno di uno che fa luce”. Che la faccia, ma poi tocca a noi giudicare, valutare, fare la nostra esperienza. Vivek mi ha aiutato moltissimo (…) perché mi ha fatto vedere le cose da un altro punto di vista, nel quale ho trovato conforto, forza e ispirazione per mettere a punto un mio modo di vedere la mia vita. Non per comprare a scatola chiusa un pacchetto di idee che – a essere cattivo – non vedo funzionare bene neppure col suo rivenditore.”

Questo post partecipa al “Venerdì del libro” di Homemademamma.

“NON DEVO” o “CHISSENEFREGA”

Una volta qualcuno ha detto che il proibizionismo non paga. Credo abbia ragione.

C’era una tortina alle fragole oggi, al banco della pasticceria, una di quelle che usano qui all’inizio della primavera. Sola soletta, probabilmente le sue compagne avevano già avuto il loro momento di gloria nel corso della giornata.

Ho detto “non devo” e ultimamente faccio fatica a riconoscermi in quella che per quattro decenni mai diceva “non devo” di fronte ad un cibo, ma al massimo “non mi piace” o “ non ne ho voglia”.

Ci sono i momenti “non devo”, e sono diventati parecchi ultimamente, e poi ci sono i momenti “chissenefrega”, quelli che non sarebbero eticamente accettabili se non fossimo esseri umani, tra l’altro misteriosamente comandati per lo più da forze oscure. Per oggi ha vinto il “chissenefrega” accompagnato da té Earl Grey delle cinque.

Dopo sono stata benissimo. Non so per quanto.