COSE DAVVERO IMPORTANTI

Pioggia-ombrello

(Immagine tratta dal sito http://www.lameziaoggi.it)

Sono stata, come tanti, una bambina ipersensibile, con la pelle chiara, che per anni ha  terribilmente sofferto ad ogni esposizione solare, coprendosi spesso di fastidiosissimi eritemi nonostante le attenzioni che le erano riservate e che, anzi, sembravano quasi peggiorare il problema anziché migliorarlo.

Sono stata, come tanti, un’adolescente chiusa e sofferente, e poi una giovane adulta estremamente prudente e responsabile, anche quando, per davvero, avrei voluto solo prendere il mondo e dargli fuoco.

Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questo versetto della Bhagavad Gita, uno dei testi sacri dell’induismo, studiato non solo dai fedeli, ma anche dai moderni praticanti di yoga:

“Sull’acqua c’è una foglia di loto, ma l’acqua non riesce a inumidirla né ad aderire a essa, così dovreste vivere nel mondo e questo sia chiama Vayrajia, distacco.
Il distacco è la base dello Yoga”.

Secoli fa, in tutt’altro contesto, e senza nemmeno essere consapevole dell’esistenza della Ghita, avevo fornito la mia personale allegoria della foglia di loto, definendola “il mio impermeabile”, visto che, salvo il caso di essere masochisti (e qui gli amici nordici, con la loro apparente noncuranza alle condizioni climatiche, potrebbero prenderne debita nota 😉 ), non è affatto piacevole ritrovarsi bagnati fradici contro la propria volontà e se fuori fa un freddo cane.

L’opportuno distacco (che qualcuno preferisce meglio definire “equanimità”) da tutto ciò che ci circonda, da quanto c’è dentro e fuori di noi, è il nostro vero sistema immunitario che ci protegge dalle schifezze con cui non abbiamo richiesto di venire in contatto e che, nostro malgrado, dobbiamo subire, perché così funziona la vita.

Siamo spesso stati cresciuti ed educati nella convinzione che, facendoci carico anima e corpo di una situazione o di un problema, saremo in grado di fare meglio, indirizzando le sorti della vicenda a nostro favore.

Mi sono ritrovata a ricordare una serie di situazioni personali, familiari, lavorative, per le quali a suo tempo mi sono letteralmente dannata l’anima, arrivando a rischiare la salute fisica e mentale: ebbene, a distanza di qualche anno (qualche anno, non secoli) di alcune di queste circostanze non è rimasto altro se non qualche ricordo sbiadito (ok, forse la demenza senile potrebbe iniziare a giocare a favore ;-)), così come di alcune persone, che avrei avuto piacere di mettere amabilmente al rogo, non ricordo neppure il cognome.

Ricordo, però, spesso e estremamente bene il disagio e la spiacevolezza di uno stato emotivo faticoso ed invalidante da tanti punti di vista, che con il tempo e le esperienze di vita ho cercato di indagare e per il quale trovare risposte.

Mi sarebbe piaciuto sapere, magari anche trent’anni fa, che gli impermeabili efficienti esistono, e non sono fatti solo di tela cerata, che ci possono essere molti modi per affrontare i problemi, diversi dall’impazzire perdendosi in essi.

Cerco di ricordarmelo il più spesso che posso, anche se il mio imprinting mentale è radicalmente diverso e quindi mi può rendere le cose particolarmente difficili, quando devo fare qualche scelta per la mia famiglia e per mio figlio.

Cerchiamo di ricordarci, anche per i nostri bambini, che gli impermeabili esistono, sono fatti per essere usati, e possono aiutarci a scoprire cose meravigliose.

UN BUON EQUILIBRIO

 

 

schulweg

(Immagine tratta dal sito http://www.neustadt.eu)

 

Una delle ragioni principali che hanno a suo tempo motivato lo spostamento di mio figlio dalla scuola italiana bilingue – frequentata nei primi anni dopo il trasferimento in Svizzera – alla scuola pubblica è stata la volontà di garantire al bambino migliori possibilità di inserimento ed integrazione nel tessuto sociale del luogo in cui viviamo, con in primis la necessità di imparare perfettamente la lingua e creare relazioni con i coetanei che vivono nel quartiere.

Dopo poco più di un anno dallo spostamento, e dal conseguente positivo cambio di vita di un po’ tutta la famiglia, devo dire che ad oggi l’obiettivo pare essere stato raggiunto in pieno. La Creatura ha la possibilità di andare a scuola autonomamente, nonostante spesso chieda di essere accompagnato, anche se magari solo per qualche metro fuori dalla porta di casa, visto che, il più delle volte, durante il percorso incontra qualche compagno con cui condividere la strada. Il centro del tempo libero è progressivamente diventato il cortile della scuola o il parco giochi sotto casa, dove spesso può incontrare gli amici anche senza aver pianificato in anticipo appuntamenti pomeridiani.

Tutto questo, al di là della conseguente benefica riduzione di tutta una serie di carichi materni, si traduce anche in un aumento della sicurezza e dell’autonomia del bambino che, ormai, io davvero vedo e sento “a casa sua” nel quartiere, a scuola, al doposcuola, nelle relazioni con i compagni e gli amichetti, nelle attività sportive e in tutti gli ambienti in cui si svolge la routine delle sue giornate.

Sarà forse che io da piccola (per una serie di questioni organizzative familiari) non ho avuto la possibilità di frequentare la scuola del mio quartiere e di ciò devo dire di aver molto risentito nella costruzione della “rete” di amicizie intorno a casa, ma tutto questo a me dà ora una sensazione bellissima: di stabilità, equilibrio, serenità. Le prime cose che mi sono sempre augurata per mio figlio nella costruzione del suo futuro, indipendentemente da dove questo sarà e dalla strada – vicina o lontana dalle sue radici – che sarà chiamato a percorrere nella sua vita.

p.s. e tutto ciò ci consente anche di dedicare più tempo (quando ne abbiamo possibilità e voglia) ad andare a spasso per la città e scoprire cose nuove, che è uno degli aspetti della nostra vita qui che amiamo di più. Si sale su un tram, magari anche uno a caso 😉 e …via!

 

ANTICONFORMISMO

berretto

La situazione climatica non sta evolvendo al meglio, questo è un fatto. E un fatto che non mi sorprende molto, così come fosse abbastanza scontata la necessità di pagare in qualche modo “la lunga estate calda”.

Stamattina mio figlio ha voluto a tutti i costi uscire di casa con in testa il berretto in foto: doppio strato di calda morbidezza che era in uso lo scorso inverno con temperature ampiamente sotto lo zero. Ho cercato per un po’ di dissuaderlo, dicendogli che, molto probabilmente, un berrettino in cotone e il cappuccio della giacca sarebbero stati più che sufficienti. Guardare fuori dalla finestra, in effetti, era tutt’altro che accattivante, ma pure a me, super freddolosa cronica, l’attrezzatura pareva decisamente troppo.

Non c’è stato nulla da fare e, anche complice un fastidioso raffreddore che lo sta accompagnando da qualche giorno, l’ho lasciato fare. Ha detto che voleva che la testa restasse al caldo, sicuramente è stato così 😉

Oggi all’uscita da scuola ho visto bambini in T-Shirt (con 12 gradi di bufera), bambini con la giacca più o meno pesante, bambini con il berrettino leggero, bambini con la cuffia di pile, e mio figlio con la sua armatura antigelo. Sembrava esserci tranquillamente posto per tutti, e nessuno che notasse particolari stranezze nell’abbigliamento altrui.

Tutto sommato mi è sembrata una cosa bellissima.