Sono stata, come tanti, una bambina ipersensibile, con la pelle chiara, che per anni ha terribilmente sofferto ad ogni esposizione solare, coprendosi spesso di fastidiosissimi eritemi nonostante le attenzioni che le erano riservate e che, anzi, sembravano quasi peggiorare il problema anziché migliorarlo.
Sono stata, come tanti, un’adolescente chiusa e sofferente, e poi una giovane adulta estremamente prudente e responsabile, anche quando, per davvero, avrei voluto solo prendere il mondo e dargli fuoco.
Qualche giorno fa mi sono imbattuta in questo versetto della Bhagavad Gita, uno dei testi sacri dell’induismo, studiato non solo dai fedeli, ma anche dai moderni praticanti di yoga:
“Sull’acqua c’è una foglia di loto, ma l’acqua non riesce a inumidirla né ad aderire a essa, così dovreste vivere nel mondo e questo sia chiama Vayrajia, distacco.
Il distacco è la base dello Yoga”.
Secoli fa, in tutt’altro contesto, e senza nemmeno essere consapevole dell’esistenza della Ghita, avevo fornito la mia personale allegoria della foglia di loto, definendola “il mio impermeabile”, visto che, salvo il caso di essere masochisti (e qui gli amici nordici, con la loro apparente noncuranza alle condizioni climatiche, potrebbero prenderne debita nota 😉 ), non è affatto piacevole ritrovarsi bagnati fradici contro la propria volontà e se fuori fa un freddo cane.
L’opportuno distacco (che qualcuno preferisce meglio definire “equanimità”) da tutto ciò che ci circonda, da quanto c’è dentro e fuori di noi, è il nostro vero sistema immunitario che ci protegge dalle schifezze con cui non abbiamo richiesto di venire in contatto e che, nostro malgrado, dobbiamo subire, perché così funziona la vita.
Siamo spesso stati cresciuti ed educati nella convinzione che, facendoci carico anima e corpo di una situazione o di un problema, saremo in grado di fare meglio, indirizzando le sorti della vicenda a nostro favore.
Mi sono ritrovata a ricordare una serie di situazioni personali, familiari, lavorative, per le quali a suo tempo mi sono letteralmente dannata l’anima, arrivando a rischiare la salute fisica e mentale: ebbene, a distanza di qualche anno (qualche anno, non secoli) di alcune di queste circostanze non è rimasto altro se non qualche ricordo sbiadito (ok, forse la demenza senile potrebbe iniziare a giocare a favore ;-)), così come di alcune persone, che avrei avuto piacere di mettere amabilmente al rogo, non ricordo neppure il cognome.
Ricordo, però, spesso e estremamente bene il disagio e la spiacevolezza di uno stato emotivo faticoso ed invalidante da tanti punti di vista, che con il tempo e le esperienze di vita ho cercato di indagare e per il quale trovare risposte.
Mi sarebbe piaciuto sapere, magari anche trent’anni fa, che gli impermeabili efficienti esistono, e non sono fatti solo di tela cerata, che ci possono essere molti modi per affrontare i problemi, diversi dall’impazzire perdendosi in essi.
Cerco di ricordarmelo il più spesso che posso, anche se il mio imprinting mentale è radicalmente diverso e quindi mi può rendere le cose particolarmente difficili, quando devo fare qualche scelta per la mia famiglia e per mio figlio.
Cerchiamo di ricordarci, anche per i nostri bambini, che gli impermeabili esistono, sono fatti per essere usati, e possono aiutarci a scoprire cose meravigliose.