SOTTO ZERO

Ieri, Zurigo con la prima neve

 

Ho latitato, pendolando di qua e di là dal confine, come in ogni festività che si rispetti e uscendone sempre un po’ ammaccata, così che anche stavolta, pur se per poco, ho perso l’occasione di festeggiare il Natale a Zurigo.

Alla fine è arrivata la neve, e ha degnamente atteso il nostro ritorno. Ho finalmente visto dal vero cosa fa la gente quando fuori c’è – 10 °C, la bufera e un bello strato di ghiaccio ovunque: quello che fa di solito. Ho visto qualcuno in bicicletta, ma i più vanno a piedi, prendono l’auto e il tram, neppure tanto più coperti della norma. Girano pupetti alti 70 cm, con la tuta da sci e lo slittino, anche se tu fai fatica a vedere bene dove stai andando, causa pulviscolo ghiacciato che ti entra giusto nella pupilla. Il mio atteggiamento mentale oscilla tra un’ammirazione spudorata e il profondo compatimento che si deve ai pazzi, visto che, con tutto ‘sto gelo, si starà ben meglio in casa a costruire Lego, leggere favole, o guardare cartoni animati, a seconda dei gusti.

Ieri mattina, presi dall’entusiasmo, abbiamo anche noi sfidato le intemperie con l’intenzione di costruire il primo pupazzo di neve della vita della Creatura: la buona intenzione è durata una mezz’oretta scarsa, accantonata immediatamente al manifestarsi dei primi sintomi di assideramento (più miei che suoi, ad onor del vero). Ieri pomeriggio io e il Marito abbiamo deciso di fregarcene dei -4°C e ci siamo detti che non si poteva perdere il primo spettacolo di Zurigo “frozen; credo che gli indigeni fossero quasi tutti in vacanza e in giro per la città restava qualche squilibrato e un bel po’ di turisti presi alla sprovvista dalle avverse condizioni meteo, oltre a noi due. Di nuovo, abbiamo tenuto duro per poco più di un’ora, ivi compreso l’intervallo per la peggiore cioccolata calda della mia vita (e qualcuno me la dovrà spiegare ‘sta cosa: qui la cioccolata è una tazza di latte tiepido, in cui lanciano a caso un cucchiaino di cacao in polvere 😦 !!!), poi, anche lo spettacolo suggestivo dei una città completamente in bianco e nero, rischiarata dalle sole luci delle feste, ha avuto la peggio rispetto alla prospettiva del tepore di casa.

Stamattina c’era il sole e una irreale luce rosata proiettava ovunque un mondo di ghiaccio. L’App del meteo informava con indifferenza: -11°C, in giornata temperature in aumento con la ripresa delle nevicate. Dovevo fare la spesa e la cosa più ardita che mi son sentita di fare è stata prendere l’auto dal garage e parcheggiare in quello del centro commerciale; è stato lungo il percorso che ho visto il tipo in bicicletta, anche se, ad onor del vero, ancora non nevicava. Adesso fa – 5°C, è di nuovo tutto bianco e posterei pure una foto se se si vedesse qualcosa; ma una volta non dicevano che se è troppo freddo non può nevicare? Forse, però, certe regole valgono solo a sud delle Alpi, come quelle per cui gli aeroporti chiudono, i mezzi pubblici si bloccano, e neppure a pensare di far uscire l’auto dai parcheggi.

BASTARDO DENTRO

Alla fine la Creatura è rimasta a casa da scuola per circa una settimana, sepolti semi-vivi a casa, Lui ed io. Alla vigilia del suo rientro glorioso e vittorioso (per la sottoscritta), la mamma della sua migliore amica (ehm, sì, hanno l’amica/o del cuore già a quattro anni!) mi dice: “Speriamo che rientri presto, la maestra oggi mi ha detto che sono giorni che Lei piange a scuola, perché Lui non c’è!”

Io, madre orgogliosa ed ingenua, prontamente riferisco: “Patato, sei contento di tornare a scuola domani? Sai che M. era molto triste in questi giorni perché tu non c’eri?Risposta agghiacciante: Tanto io non gioco più con M., adesso sono amico di N.”

Il giorno successivo il Marito, dopo aver accompagnato a scuola la Iena, mi avrebbe riferito che, in effetti, nel momento in cui Lui varcava la soglia dell’aula, M. gli correva incontro, tutta felice e sorridente. Lui, per tutta risposta, e con un sorrisetto diabolico stampato in faccia, faceva immediato dietrofront, chiudendosi la porta alle spalle. L’ha dovuto recuperare dal corridoio direttamente la maestra.

Ecco, questo è uno degli episodi per i quali dubitare che davvero sia figlio mio. Devo indagare nell’albero genealogico dove si annida cotanto bastardo dentro.

TRA DUE MESI

“Voglio il cioccolatino!!!”

“Adesso no, non hai ancora fatto colazione. Ne puoi mangiare uno dopo pranzo.”

“No, lo voglio adessoooo!!!!!”

“Adesso no.”

“Va bene, allola tla due mesi io vado a celcale un’altra mamma e un altro papà!

“Beh, vedi tu. Ma perché tra due mesi?!”

“Pelché ho deciso così”.

ANCORA COSI’

Lui ha ancora le febbre. Io dico solo che, piuttosto che mettermi a scrivere, oggi mi sono messa a stirare. E non credo serva altro. Non ho ben capito cosa stia capitando quest’anno, in questo non ancora inverno, anche se, ormai da qualche settimana, le temperature un po’ gli si avvicinano.

Lui è appoggiato al cuscino, quello grande, che forse lo aiuta di notte a soffrire meno la tosse, i suoi pupazzi tutti intorno, come una corona, la sua personale corte. “Voglio andale a letto, subito, mamma!” e quando è così è sicuramente malato, meno Iena e Pestilenza, attaccato come una cozza alle gambe di colei che, in condizioni normali, a malapena sembra sopportare: “Brutta, cattiva mamma!”

Io mi sto facendo giri virtuali intorno al mondo, bianche spiagge incantate, palme assolate, mare da cartolina. Ché, negli ultimi giorni, non è che anche io fossi proprio un fiore: virus perniciosi che si attaccano come sanguisughe in tutti gli spazi di debolezza possibile; mai abbassare la guardia. Ho cercato e sto cercando di resistereI will stand like a rock“, ma tutto ha un limite. I miei, poi, sono noti e assai evidenti.

No, non sono disperata. C’erano tempi in cui, con un mese come l’ultimo trascorso, sarei già stata alla ricerca di una bella corda con cui decorare il mio collo. In qualche parte di me c’è ancora un mare tiepido e calmo, incurante delle onde di burrasca, che si fa cullare da un piano che suona, tutt’uno con il ritmo del mondo. Non ci sono più mani, né dita, né tasti, bianchi o neri. Solo la melodia, che ho la fortuna di ascoltare ogni tanto, e che interrompe il sottofondo ininterrotto della tosse, degli starnuti, del telefono che suona, dei “Voglio vedele i caltoni!!!” Certo, la felicità è un’altra cosa, l’esaltazione del cielo cobalto che si specchia nel lago è un ricordo lontano.

Resta un pianoforte in sottofondo, un tutt’uno col suono del mondo. L’inverno non è il tempo delle cose felici.

 

REGALI

Sono giorni che mi sveglio sperando in una miracolosa ispirazione. Le finestrelle della Belva (una volta denominata il Patato, poi Iena o Pestilenza, per sopravvenuti limiti di età) segnano inesorabili -20 al giorno X. Ecco, che tra me ed il Natale non ci fosse chissà quale feeling, una volta passato il tempo della scuola elementare, non è una grande novità. Poi ci sono anni in cui, tutto sommato, me la cavo e anni no. Questo ho l’impressione che sia “moltissimo NO.” Sarà che nell’ultimo mese sono stata fondamentalmente impegnata a fronteggiare quotidiane epidemie (l’ultima stamattina prima dell’alba, a meno di una settimana dalla fase acuta della precedente), sarà che in questo momento dovrei esser lì a preparare una borsa per il weekend al sud, e invece sono qui a sorvegliare che Lui arrivi in tempo alla catinella, sarà che ci sono fasi e fasi, sarà che da una cosa come due settimane non si vede un raggio di sole neppure per sbaglio. Sarà.

La vera verità è che non ho ancora comprato un regalo di Natale che fosse uno, e poco male, se almeno avessi in testa la strategia di guerra e si trattasse solo di compiere, alla prima occasione utile, la sua realizzazione chirurgica. Invece no: non ho uno straccio di idea, per nessuno, che sia figlio, marito, genitore, amico. Né ho, del resto, la minima voglia di trovarla e solo l’idea di affrontare un centro commerciale (svizzero o italiano che sia) alla ricerca di ispirazione è per me attraente come la prospettiva di passare un weekend sul WC (cosa che, tra parentesi, mi capiterà ragionevolmente a breve).

Proporrei una moratoria globale: per quest’anno facciamo finta di niente, arriviamo diretti alla primavera e, tuttalpiù, i regali che li facciamo per Pasqua, dai. Che è pure meglio, con la prospettiva della collezione estiva, sandali e costumi e giochi per la spiaggia.

In effetti io in questi giorni un bellissimo regalo l’ho già avuto. Un regalo di musica, emozioni, ricordi e riflessioni sul senso delle cose. Ne parlerò, un’altra volta in cui il buongiorno non sarà stato il virus alle 5 e mezza del mattino. Don’t let the sun go down on me.