Non so cosa succederà tra poco meno di un paio di settimane, se le scuole riapriranno – come annunciato – oppure no. Onestamente non saprei neppure cosa augurarmi, per il bene di tutti e indipendentemente da incertezze, timori, paure o interessi soggettivi.
Una cosa credo, però, di avere ormai capito e di esserne sufficientemente certa. La scuola chiusa non è un bene, per i bambini in primo luogo. E non é un bene forse proprio più per quelli che sembrano stare meglio in questo isolamento, che dicono di voler stare a casa per sempre. Tipo il mio. Quando è arrivato l’annuncio della chiusura era disperato: voleva a tutti costi continuare ad andarci, “anche da solo!”. A distanza di qualche settimana completo dietrofront: “io sto bene qui a casa e a scuola non voglio tornare”.
Sono sicuramente contenta che dica di stare bene, che nonostante sia figlio unico riesca a far passare le giornate senza grosse difficoltà, che non senta più di tanto il peso di una libertà limitata e vigilata, ma non è sano. Da una serie di comportamenti, soprattutto quando gli viene chiesto di interagire a distanza con insegnanti e compagni, si vede che è in crisi, come se avesse perso completamente l’allenamento al contatto col prossimo, salvi i suoi genitori.
Questo isolamento rischia di essere per tutti, non solo per i più piccoli, un’arma a doppio taglio. Chi ha la fortuna di poter lavorare da casa, in condizioni confortevoli, senza grosse difficoltà e in un ambiente sereno e accogliente, rischia di adagiarsi nel bozzolo di una coperta calda, avvolgente, nei ritmi magari allentati, nella sveglia silenziata, nelle torte sfornate per la merenda pomeridiana e negli esperimenti culinari del fine settimana. Nella sdraio sul balcone e nelle ventiquattro ore su ventiquattro tutti insieme (se insieme naturalmente si sta bene).
Ma, se la vita “di prima” sicuramente aveva qualche criticità personale e collettiva, anche quella da quarantena rischia di non essere da meno. Non è la realtà e “la bolla” o il bozzolo in cui nostro malgrado ci siamo rinchiusi rischia di diventare un problema non piccolo quando, altrettanto nostro malgrado, da lì saremo chiamati – o forzati – ad uscire. Nudi, ed esposti al peggio: al dubbio, alla paura, all’incertezza, al sospetto, al virus ancora non del tutto sconfitto.
Non so davvero molte cose. Nè se augurarmi, come vorrei, che le scuole e molto altro riaprano davvero tra pochi giorni. Quello che è certo è che riaprire sarà decisamente molto più complicato di quanto non sia stato chiudere.
(Immagine pixabay.com)